Cimiteri, tombe, fiori, ceri … ma anche la possibilità di trovare un po' di pace per riflettere.
L'autunno è giunto a metà del proprio cammino e le giornate ormai col cambio dell'ora si sono fatte corte. Ormai dovremo affrettarci per vedere ancora gli sprazzi dei tramonti e dei riflessi dorati tra le foglie ingiallite.
La ricorrenza di Ognissanti rappresenta spesso il sinonimo di giri estenuanti in cerca di crisantemi e ciclamini a prezzi abbordabili, pulizie esasperanti delle lapidi e giri di parenti che non si vedono per tutto l'anno.
I cimiteri in questi giorni si sono trasformati in dei suggestivi collage di piccoli riquadri colorati. E la natura ha aggiunto il proprio tocco autunnale. Una passeggiata tranquilla a scorrere i nomi di chi ci ha preceduto, infissi sulle pietre delle vecchie lapidi libera ricordi e racconti che ormai pensavamo di aver scordato.
Tutte le culture dedicano delle giornate al ricordo dei defunti, incoraggiando ad instaurare un rapporto simbolico con gli antenati. Non è un caso che in numerosi stati la ricorrenza sia sancita con una festività ufficiale.
Alcuni di noi vanno al cimitero durante le celebrazioni, altri preferiscono farlo in momenti di mimore affluenza; e poi ci sono gli individualisti che si oppongono a fare memoria dei propri antenati in un giorno imposto dall'alto. Ognuno seguendo la propria opinione in fatto di memoria dei defunti.
Da una decina di giorni sopra ai cimiteri si leva un bagliore rossastro. Negli ultimi decenni i ceri si sono evoluti e ormai sono molto frequenti quelli a ricarica solare, ognuno con il proprio ritmo e il proprio colore – rosso, verde, viola tipo Milka, giallo, blu. Con la loro lucina a intermittenza sono solo un vago ricordo del fatto che la fiamma del cero è un simbolo ancestrale della vita che lambisce il corpo.
Le forme di lutto sono assolutamente personali e sarebbe davvero inopportuno dettarne le regole.
Di solito una persona che perde un caro è sotto choc oppure alza la voce per protestare: è un periodo di frequenti pianti, nonostante non si percepisca ancora del tutto le dimensioni e l'irrevocabilità della perdita. Quindi si alternano fasi di autocommiserazione, depressione, rabbia, rimpianti, paura e tristezza.
La fase di negazione ci protegge dal renderci conto della totalità delle dimensioni della perdita: no, non è vero, non è morto, adesso tornerà a casa.
Poi arriva la tristezza profonda, quando incominciamo a percepire come sarà vivere senza la persona cara. Ci manca.
L'ultima fase di lutto a volte è piena di rabbia dato che ci ha abbandonati una persona senza la quale la vita è così difficile.
Forse ci sentiamo in colpa per non aver fatto qualcosa per il defunto. Tutte queste sensazioni sono normali e addirittura indispensabili per un lutto. Nessuno lo passa secondo dei percorsi prestabiliti e siamo in molti a esprimere la tristezza anche in forme esteriori che dalla società potrebbero essere giudicate superflue o ridicole.
Nonostante ciò la società non può permettersi di decidere quale sia il modo adatto per elaborare un lutto, quanti ceri bastino a supplire alla tristezza e quante volte bisognerebbe lucidare la lapide per un lutto decente.
Tuttavia è senz'altro necessario che una persona sana prima o poi elabori e concluda il proprio lutto. Allora arriva anche il momento giusto per verificare il proprio rapporto con la tomba del caro.
Se curiamo la fredda pietra e togliamo assiduamente le erbacce dalla ghiaia – non è forse segno che diamo la precedenza alla morte piuttosto che alla vita?
Sui cimiteri sono misteriosamente attratta dalle vecchie tombe che non portano i segni di un lutto fresco. Le tombe con le vecchie rose, i cespugli un po' troppo sviluppati e le pietre consumate dalla pioggia. Mi paiono come una vittoria della vita sulla morte. Del rinnovamento sullo spegnimento. Della nascita sulla morte.
“Perché quando ci siamo noi non c’è la morte,
quando c’è la morte noi non siamo piú.”
Epicuro
Il primo novembre è il culmine dei festeggiamenti del ricordo dei defunti. Visiterete i cimiteri e le tombe dei vostri cari?
Mirjam