A Londra il tempo scorre rapido, molto rapido. Per far sì che due mamme si trovino a bere un caffè e fare una chiacchierata, ci vogliono diverse telefonate per definire i dettagli.
Ed è stato proprio così che sono riuscita ad incontrare brevemente Petra su Liverpool Street.
Petra racconta di come sia nata a Postumia agli inizi degli anni Settanta e di come fosse stata una bambina strana. Beh, almeno per come la vedevano gli altri. E sarà questo anche il motivo per il quale ha avuto sempre pochi amici. Per passare il tempo si rifugiava nei propri mondi fantastici, lì si inventava delle avventure e delle identità sempre diverse. Da bambina passava molto tempo con la nonna che le raccontava tante storie sulla propria giovinezza. All’epoca aveva lavorato come cameriera personale per una gran dama a Trieste, dove la vita mondana prima della Grande guerra era vivace e cosmopolita. „Nei racconti della nonna la parte da leone la facevano gli abiti lussuosi che la signora donava a Tina dopo un solo anno che li aveva usati. La giovane Tina girava per la città vestita sempre a festa e lei e la sua dama si divertivano molto quando i passanti si inchinavano davanti a loro come se fossero madre e figlia … perchè l’abito il monaco in fondo lo fa davvero, non trovate?“ racconta Petra.
Forse sono stati proprio questi racconti a contribuire fin dalla prima infanzia al suo interesse per i lavori artistici. A dodici anni Petra decide irrevocabilmente che da grande farà l’artista. In fondo non è che avesse avuto tanta scelta: gli adulti dicevano sempre che gli artisti sono un po’ svitati, come pure lo dicevano di lei. Quindi la decisione era a portata di mano.
Sua sorella, di ben nove anni più grande, studiava farmacia e un giorno portò a casa degli schizzi di moda che qualcuno aveva dimenticato in un’aula che condividevano con la Facoltà di tecnica tessile. Petra li vide e subito ebbe le idee chiare in merito al corso che avrebbe scelto da grande, quello di Design tessile.
Negli anni universitari ebbe la fortuna di avere delle compagne di corso davvero grintose (Sanja Grcić, Urša Draž, Mojca Celin e Barbara Plavec). Dal 1994 ha lavorato saltuariamente come stilista ed ha presentato delle mini collezioni in vari eventi collettivi, organizzati per la maggior parte da Sanja Grcić. Nel 1996 si è classificata tra i primi al Premio Mittelmoda di Gorizia e come premio ha ricevuto una borsa di studio nella Maison Gattinoni a Roma. Dopo la laurea ha lavorato come stilista nel collettivo V.o.o.d.o.o., dove hanno lavorato anche Zoran Garevski, Jelena Proković e Nataša Peršuh. Nel 2001 ha lavorato per l’azienda di intimo Komet, dove ha imparato a disegnare la biancheria intima. Infine l’amore l’ha condotta fino a Londra, dove l’esperienza maturata è stata fondamentale per trovare lavoro come stilista di intimo, dove è rimasta sino al 2008, anno in cui è diventata mamma. Per fronteggiare con maggiore serenità le incombenze lavorative ha deciso di cambiare strada.
Come hai fatto ad affrontare il design del prodotto, derivando in precedenza da un’esperienza riguardante la creazione di collezioni di intimo, dove seguivi le tendenze effimere della moda? Dev’esserci una bella differenza tra queste due impostazioni di lavoro.
Attraverso il lavoro, il cambiamento dell’ambiente e soprattutto la maternità ho potuto sperimentare che ad appassionarmi è soprattutto il processo creativo e non esclusivamente l’amore al prodotto finale, nel mio caso si trattava della biancheria intima. Ad un certo punto ho capito di volere avere piena autonomia nel lavoro creativo, cosa effettivamente impossibile in una grossa organizzazione dove bisogna seguire le esigenze del cliente. E devo ammettere di essermi alquanto stufata della moda, della costante esigenza di seguire le tendenze, che nella loro effimerità sono completamente al servizio delle grandi corporazioni, portando il sistema a consumi spropositati e alla banalizzazione dell’originalità, dell’innovatività, della qualità e dell’etica nell’industria tessile. Anche nel design del prodotto le cose non vanno molto meglio, ma la differenza sta soprattutto nel fatto che un articolo con un buon successo commerciale e un ottimo design può aggiudicarsi il titolo di icona del design e restare in commercio anche dopo la morte del designer.
L’Inghilterra è un grosso mercato, come fare per attirare l’attenzione su di sè e il proprio marchio?
Soprattutto con l’originalità e la qualità. Per diventare visibile e riconoscibile ci vogliono diversi mezzi e piattaforme che sono un ottimo ausilio per presentare al meglio i propri prodotti. Sicuramente non possiamo prescindere da una buona fotografia, da un sito internet gradevole, essere presenti sui social network, senza dimenticare le esposizioni alle fiere del settore. Questi sono i passi fondamentali verso un marchio rilevante. E oltre a tutto ciò ci vuole molta pazienza e tenacia, perchè a volte ci vogliono ben cinque anni per incominciare a vedere un ritorno economico di quanto abbiamo investito nel marchio.
Quanto tempo passa in genere dall’idea iniziale alla realizzazione, quante sono le fasi attraverso di cui passano i tuoi progetti?
Dipende dal prodotto e dall’impostazione del progetto. A volte realizzo un prototipo in pochi giorni, altre invece ci vogliono settimane o mesi interi. In realtà non mi attengo ad un percorso prestabilito, questo è uno dei vantaggi del lavoro autonomo. Ogni volta che incomincio a creare qualcosa di nuovo, ho anche l’occasione di imparare qualcosa di nuovo e questo per me non ha prezzo. La maggior parte dei miei prodotti viene poi realizzata tramite dei collaboratori.
Come fai a scegliere i tuoi collaboratori, si tratta di soggetti stabili? Dove trovi i fornitori per i tessuti, il feltro, la ceramica e il cuoio?
I collaboratori e i fornitori di solito li cerco in rete, a volte anche alle fiere. Alcuni mi scrivono per propormi i loro servizi, poi le decisioni le prendo in base alle mie preferenze personali. Oltretutto nel mio settore c’è molta cooperatività, non abbiamo problemi a condividere le nostre esperienze e spesso acquistiamo le materie prime in società.
Dalle nostre parti la maggior parte dei giovani stilisti è senza una fissa occupazione, così sono costretti a organizzarsi in modo alternativo, ad esempio unendosi in gruppi o in piccole cooperative. In questo modo si dividono le spese, gli affitti e anche gli impegni. I giovani stilisti cercano di creare delle manufatture in proprio e di rivendere le creazioni ai mercatini di prodotti d’arte. Il cliente finale è poco definito e di conseguenza la tiratura è molto limitata, il produttore deve infatti farsi onere di tutti i costi di produzione. Come viene affrontato questo problema in Inghilterra?
In Inghilterra si opera allo stesso modo. L’unica differenza è che qui questo tipo di approcio è già consolidato. Perciò questo tipo di commercializzazione è già talmente avviato da rappresentare una fetta autonoma del settore dei lavori creativi, valutata all’incirca a 70 miliardi di sterline all’anno. (fonte governativa)
Che cosa mi racconti della promozione dei marchi? Da noi i creativi si lamentano che a causa della pressione burocratica non trovano il tempo per poter lavorare. Com’è la tua situazione in merito?
La promozione fa parte del processo creativo. Ammetto che le giornate passano troppo in fretta, specialmente se si ha anche una famiglia. Devo dire che però qui la figura dei creativi è riconosciuta sia dal punto di vista fiscale sia da quello legislativo.
Considerando che hai dei bambini piccoli, probabilmente devi organizzare per bene il tuo tempo. Presumo che la tua giornata lavorativa sia lontanta da quella abituale?
L’organizzazione, la struttura … non mi ricordo più di come siano fatti! Attualmente ho un figlio a scuola e l’altro in asilo, ma solo saltuariamente. A settembre anche la piccola andrà a scuola e allora potrò ricominciare con un orario lavorativo standard di otto ore, senza andare incontro a dei grossi costi per l’accudimento dei bimbi. Fino ad allora lavorerò a seconda del tempo, delle energie e delle esigenze.
Dove credi che si troverà room39 tra cinque anni? Quale direzione prenderà?
Spero di trovare entro quella data un investitore o un socio d’affari, necessario soprattutto per una migliore commercializzazione dei prodotti e la promozione del concetto e dei valori di room39 sul mercato globale.
Come si svolgono i servizi fotografici per i vari editori in Inghilterra? Vieni invitata, sei tu ad offrirti … come fai ad essere presente?
Personalmente non dispongo di un budget per le relazioni col pubblico. Sono gli stilisti e i redattori a chiamarmi quando ritengono che un mio prodotto sia idoneo al loro servizio fotografico o alla tendenza che vogliono presentare. Nella maggior parte dei casi hanno bisogno di foto in alta risoluzione, a volte è necessario l’articolo stesso. Fisicamente non sono presente alla realizzazione del servizio fotografico e l’articolo infine mi viene reso.
Come avvengono in Inghilterra le connessioni tra i giovani stilisti e le aziende? Ci sono delle fiere dove potersi presentare, delle organizzazioni che li rappresentano e si occupano della promozione? Ho in mente soprattutto le piccole manufatture gestite da persone singole, non le grandi aziende.
Essere presenti alle fiere è ovviamente un passo fondamentale, sono un ritrovo di creativi, produttori, media e clienti. Sono un luogo d’eccellenza per intessere dei nuovi legami d’affari. Il salto dalla produzione di nicchia a quella in grande scala è un ostacolo su di cui molte piccole imprese inciampano e rischiano di fallire. La mancanza di risorse non è l’unico ostacolo, il problema più frequente è in realtà la perdita di consistenza dell’identità del marchio. Perciò i designer di successo non abbandonano mai una propria linea di prodotti di boutique. In questo modo riescono a mantenere la propria originalità e ovviamente l’esclusività, ma dall’altra parte collaborano con i grandi produttori che si prendono carico dei costi di una produzione di massa, e soprattutto hanno un mercato consolidato. Anch’io ho appena concluso i lavori per una collezione di biancheria da letto e di cuscini per la catena statunitense CB2 che verrà messa in vendita sul mercato USA e dell’Est nel 2015.
Testo: Valentina Vovk
Foto: Room39