I mondi di mezzo possono trasformarsi in un palcoscenico della vita
I corridoi, gli ingressi, le scale, i refettori, gli spogliatoi … sono degli spazi interposti tra il mondo esterno e ciò che attende gli alunni „all’interno“, ovvero l’apprendimento e le sfide quotidiane. I mondi di mezzo vengono spesso considerati poco interessanti e vengono perciò in gran parte ignorati, con la conseguenza di dover vivere quotidianamente in degli spazi desolatamente banali. Un team composto da tre giovani architetti, Ana Kreč, Jure Hrovat e Ana Kosi, hanno deciso di raccogliere la sfida. Per il proprio gruppo hanno scelto un nome emblematico – Il mondo di mezzo –, infatti trasformano questi spazi in luoghi di apprendimento, integrazione e divertimento. Per il progetto della ristrutturazione dell’ostello Proteus di Postumia sono stati premiati al Mese del design di Lubiana con il premio per il migliore interno del 2013.
Tra i loro progetti realizzati troviamo numerosi successi, oltre alla ristrutturazione degli spazi comuni dell’ostello Proteus, ci sono tra i loro lavori anche gli spazi comuni del convitto di Postumia, il design degli accattivanti spogliatoi femminili del liceo Ledina, la realizzazione della „strada delle idee“ sui corridoi della scuola elementare Koseze e della sala giochi nel centro commerciale Supernova, tutti a Lubiana.
Da dove nasce questo interesse per i mondi di mezzo? Durante la stesura della tesi alla Facoltà di Architettura di Lubiana, le due ragazze hanno avuto modo di approfondire il tema dell’edilizia scolastica e hanno dovuto constatare che nei vari regolamenti un’ampia normativa regola la costruzione e l’allestimento degli ambienti adibiti alle aule, ad esempio quella di chimica, ma mancano quasi totalmente delle indicazioni sugli altri spazi di servizio. „Ad esempio troveremo l’indicazione che il corridoio deve avere una larghezza di due metri e quaranta, e nient’altro. Per i regolamenti dell’edilizia scolastica il corridoio è solamente un percorso che ti porta alla meta. Così abbiamo incominciato a chiederci perché un corridoio non possa svolgere anche un ruolo più interessante, trasformarsi in un luogo d’incontro, dove potersi sedere, pensare, mettersi a fissare il soffitto o le stelle … ed è così che abbiamo scoperto questa nostra vocazione“, racconta Ana Kreč.
I mondi di mezzo fanno parte dell’apprendimento
I regolamenti sull’edilizia scolastica sono ormai vetusti e dall’impostamento traspare l’idea secondo cui gli alunni debbano recarsi il più rapidamente possibile nelle aule, non debbono soffermarsi sui corridoi e nemmeno sedersi nell’ingresso … „Ma nella realtà solo metà dell’apprendimento si svolge nelle aule, l’altra metà – quella sulla vita e sui rapporti interpersonali – accade proprio negli spazi di mezzo,“ spiega Ana Kosi. I programmi didattici sono in continuo cambiamento, inseguono varie tendenze, ad esempio il modello scandinavo di mescolare i gruppi, svolgere le lezioni all’esterno. Tuttavia gli spazi scolastici non riescono a seguire questi cambiamenti. Nel loro lavoro incontrano delle scuole costruite diversi decenni fa, la costruzione di scuole nuove è ferma da tempo. Nelle scuole reali i problemi più pressanti sono rappresentati dalla mancanza di spazio e dalla costruzione di ampliamenti che possano supplire ai deficit degli edifici esistenti. „Noi ci diamo da fare per dimostrare come tutti gli spazi della scuola possano diventare degli „spazi di apprendimento“, in quanto non si tratta di spazi a parte, ma di un organismo, quello dell’edificio scolastico, che vive nella sua totalità ed ha come potenziale il fatto che gli alunni possano muoversi e apprendere ovunque,“ racconta Ana Kosi.
Come constatano i tre giovani architetti, sono poche le scuole progettate in modo che gli spazi di servizio siano inclusi nel processo didattico e in quello di socializzazione. „Nessuno pensa al fatto che anche un salotto scolastico sia necesario,“ dice Jure, che aggiunge come molto dipenda dall’orientamento e dalla visione del direttore e di chi detiene il potere decisionale nelle scuole. „Ci sono quelli che provano a innovare, nell’intento di trovare delle soluzioni utili. Altri invece sono convinti che sia meglio dare ai bambini il meno possibile, perché comunque romperanno tutto. Noi però siamo convinti che se non riusciranno ad avere un contatto con delle esperienze abitative di qualità fin da giovani, difficilmente impareranno ad conoscere un’architettura dove si vive meglio, non riusciranno mai ad apprezzarlo. Il nostro compito è anche quello di formare il nostro pubblico e istruirlo, in modo che da adulto sia capace di un approcio positivo verso il proprio ambiente abitativo.“
Nella loro esperienza hanno incontrato scuole molto diverse tra di loro, ognuna con le proprie sfide e il proprio orientamento. L’ostacolo più difficile da superare sono i dubbi dei direttori e degli altri soggetti coinvolti riguardo ai risultati dei loro interventi. Ana Kreč ribadisce che i bambini sono degli utenti molto semplici. „I bambini reagiscono subito ai cambiamenti, il nostro intervento in una scuola provoca immediatamente un cambiamento sociale, psicologico.“
Le difficoltà sono enormi già nella fase di progetto, in quanto le scuole sono spesso progettate in modo impenetrabile, con dei pavimenti grigi o marroni, dove addirittura le panchine vengono guardate con diffidenza, per poi regolarmente incappare nei problemi con la gestione delle pulizie. „Una particolare attenzione viene rivolta alla scelta dei materiali che devono richiedere assolutamente pochissima manutenzione. Beh, ovviamente nel nostro lavoro abbiamo modo di instaurare dei rapporti molto vivaci con il personale delle pulizie,“ sorridono.
I punti d’incontro
Con il premio per il migliore interno dell’anno sentono di avere ricevuto l’approvazione del pubblico del settore, ora sperano di trovare consenso anche nella cerchia dei potenziali committenti. I tre giovani professionisti ci tengono a precisare che i loro interventi non hanno come meta un mero abbellimento delle scuole, ma dei cambiamenti molto più profondi. In gioco c’è la soddisfazione dei ragazzi di frequentare la scuola, la loro sensibilità verso l’ambiente in cui vivono. „Nel nostro lavoro diamo forma a spazi nuovi, nelle scuole dove questi spazi comuni non esistono cerchiamo delle nicchie, delle stanze, degli angoli dimenticati e vi collochiamo delle soluzioni per dare modo agli alunni di stare in compagnia. Diamo forma a dei punti d’incontro, dove si possono incominciare dei discorsi,“ spiega Ana Kosi. L’altra Ana, Kreč, aggiunge: „A volte si tratta solo di collocare delle immagini o degli elementi grafici, oppure di erigere una colonna portante o addirittura di una struttura tutta nuova. Spesso si tratta di cose molto semplici – ad esempio quella di spiegare che per i bambini del primo triennio della scuola primaria non ha alcun senso mettere dei manifesti o dei quadri a due metri d’altezza, perché nessuno di loro li guarderà. Oppure di mettere sulle pareti dei corridoi spogli, che potrebbero trasformarsi in una bacheca ideale, delle informazioni che potrebbero agire sull’apprendimento inconscio. Di solito abbiamo pochi problemi a memorizzare le cose che vediamo ogni giorno. Così abbiamo già tappezzato le pareti dei corridoi scolastici con varie poesie conteporanee, cronologie, parole in lingue diverse …“
La scuola di Koseze è stata un progetto che si è evoluto secondo le singole fasi di realizzazione. Il primo intervento pilota ha riguardato una sezione del corridoio. Ma ben presto nella parte interessata dedicata ai più piccoli aevano incominciato a susseguirsi le incursioni degli alunni più grandi, entusiasti della novità. Così si è reso necessario un ulteriore intervento mirato a soddisfare le esigenze dei più grandi, ubicato al lato opposto della scuola.
Uno dei problemi che si ripropongono ovunque è il mantenimento della continuità. A causa del sistema degli appalti pubblici hanno la precedenza i progetti più economici, senza tenere conto dello studio che vi ha lavorato in precedenza. „La conseguenza è che compaiono ogni volta idee, materiali e manodopera diversi. Perciò si rende necessaria l’elaborazione di una strategia evolutiva degli spazi che andrebbe seguita nonostante i cambiamenti della manodopera. Ma le scuole di solito non ne sono dotate, „ racconta Ana Kreč. „In fondo è anche una caratteristica della nostra società. Come fa una scuola ad avere una strategia se non ne sono dotate nemmeno le città? Una strategia è necessaria sia a livello di città sia su quello di una casa privata, ovunque.“
Gli spazi di mezzo, affermano i componenti del team, fanno parte della nostra vita e giocano comunque un ruolo molto importante – nelle case, negli uffici, negli ospedali. „Quando progettiamo una casa o degli uffici, dobbiamo pensare agli spazi come ad un poligono in sviluppo e stilare un documento che indichi alle generazioni a venire come intervenire nelle ristrutturazioni, nella manutenzione e nello sviluppo.“
Qui. E lì.
I mondi di mezzo non si limitano a giocare in casa. Il team ha deciso di usare la propria esperienza nei progetti umanitari dei Paesi del terzo mondo. In questo momento sta nascendo una scuola in India, costruita secondo le loro idee. Ma purtroppo devono constatare che in assenza di una presenza continuativa in loco, le cose prendono „un’altra piega“. „Nella fase di progetto è sempre necessaria un’attenta ricerca nei confronti dell’ambiente, delle condizioni nell’edilizia, dei regolamenti. Ad esempio in India è difficile far passare l’idea che il materiale locale sia la soluzione migliore, che la sua scelta non banalizzerà l’edificio. Oltre a questo problema bisogna ribadire che si tratta di un Paese in cui l’edilizia è sottoposta ad altre esigenze climatiche rispetto a noi che ad esempio non ci imbattiamo mai nei monsoni. Poi lì non esiste la sicurezza antincendio che dalle nostre parti rappresenta un fattore che influisce pesantemente sull’intero progetto,“ chiarisce Ana Kreč e aggiunge: „Ovunque io vada, anche in vacanza, cerco sempre di andare a visitare le scuole.“
I mondi di mezzo possono dunque muovere altri mondi. Ma tutti e tre ci tengono a precisare che l’architettura da sola non riesce a portare a termine un processo del genere, perché è sempre necessaria la presenza di chi sa che cosa desidera ottenere e che poi si prende le proprie responsabilità. „In mancanza di persone di questo tipo, possiamo farci in quattro, ma la cosa decadrà in pochi anni. Oppure può fiorire. Ad esempio nel caso dell’ostello di Postumia, che sicuramente avrà bisogno di una determinata manutenzione, ma che durante le nostre visite è sempre stato molto affollato, gli studenti e gli ospiti dell’ostello si trovano dappertutto nell’ambiente. Si tratta di uno spazio in cui si socializza, dove ora gli studenti e gli ospiti dell’ostello interagiscono, ci sono gli internet point che attirano anche gli abitanti del luogo che sono un po’ in là con gli anni. La direttrice sta addirittura progettando delle serate cinematografiche. Il nostro progetto è riuscito a realizzarsi in misura maggiore di quanto avremmo potuto immaginare,“ dice Jure Hrovat. E Ana Kosi aggiunge: „Noi non scriviamo degli scenari, ma mettiamo in piedi un palcoscenico mettendo a disposizione dei requisiti. Poi le cose prendono il proprio corso.“
Intervista: Tina Cipot
Foto: Svet vmes