La passione per le scarpe artigianali

Un buon calzolaio si riconosce dalla soddisfazione dei suoi clienti.

Il campanello sulla porta della Boutique Vodeb nel centro di Lubiana annuncia l’arrivo di un nuovo cliente. Forse è entrato per guardare se c’è di nuovo sugli scaffali del negozio, oppure per far riparare le proprie scarpe o ordinarne un paio su misura. Vladimir Vodeb è uno di quei calzolai che insieme al proprio team ancora realizza a mano le scarpe, dedicando loro tutta la sua passione e la sua simpatia. Il mondo delle scarpe è semplicemente il suo mondo. Come lo era per suo padre e ancora prima per suo nonno. E lo sta diventando anche per suo figlio.

 

 

A quando risale il suo primo paio di scarpe?
Beh, di sicuro avevo meno di vent’anni. A dodici anni infatti ho incominciato ad aiutare mio padre durante le vacanze. Ovviamente ho incominciato spazzando la bottega e molto presto imparai a riparare qualcosa.

 

 

Suo padre fu un maestro paziente?
Mio padre insegnava dando poche indicazioni: ora fa questa cosa in questo modo, con un occhio sbircia come si fa, con l’altro stai attento a ciò che stai facendo, e ovviamente fai attenzione a non tagliarti. Una volta finito il lavoro, mi diceva sinceramente che cosa ne pensava del mio lavoro. Così imparavo strada facendo, con l’esperienza. Certo, i coltelli sono molto affilati. Un paio di volte mi sono fatto davvero male. Poi c’erano gli attrezzi più pericolosi che agli inizi nemmeno potevo toccare. Quando ho finito le medie, mi hanno mandato alla scuola professionale, poi ho fatto il servizio militare, per non dovermene occupare più tardi. Così a diciannove anni sono entrato nel laboratorio – e ci sono rimasto.

 

 

Dunque era chiaro da sempre che avrebbe continuato il mestiere di famiglia.
Non ho mai pensato diversamente. Mi è capitato di incrociare persone che mi hanno detto che se non fossi stato bravo scuola, sarei rimasto un calzolaio. Oggi a queste persone metterei in mano del lavoro, mostrerei loro che nemmeno i calzolai possono permettersi di non imparare. Il nostro mestiere non è per niente semplice, esige spirito d’impresa e abilità. In fin dei conti siamo rimasti in pochi a continuare su questa strada. Non è poi così semplice resistere nel mondo delle scarpe a venti euro.

 

Il lavoro non vi manca, vero?
In effetti l’interesse da parte dei clienti c’è. Per me personalmente la scarpa acquisisce il suo valore oltre la porta del mio negozio, quando il mio cliente le indossa.
Quando ti abitui alle scarpe su misura, non torni più indietro. Spesso ti trovi a constatare di non avere più determinati problemi di salute che derivavano da scarpe di scarsa qualità. Scopri che a creare problemi era la plastica che portavi ai piedi, che la pelle non respirava, che il contatto con il terreno, le energie, era impedito.

 

 

Chi sono i suoi clienti, presumo siano prevalentemente donne?
A dire il vero no, ho molti clienti maschi. Non sono in grado di affermare che siano la metà, ma nel mio negozio entrano persone molto diverse tra di loro. In comune hanno il fatto di apprezzare le scarpe di qualità. E perciò preferiscono possederne qualche paio in meno, sapendo però che cosa stanno calzando. I nostri clienti vengono a scegliere delle scarpe per tutte le occasioni, da quelle per le occasioni solenni alle scarpe per tutti i giorni. Alcuni dei nostri clienti portano da anni le nostre scarpe. Da noi hanno trovato la loro forma ideale e se ne fanno realizzare gli stivali per l’inverno, i sandali, le scarpe estive ecc.

 

 

Quando prendete in mano un nuovo materiale, a che cosa pensate? Come nasce una scarpa ancor prima di incominciare con il lavoro vero e proprio?
Quando mi piace un materiale, anche quando si tratta di novità, spesso non sono in grado di definire come lo userò. Qui c’è in gioco la creatività. Ma dato che siamo abituati a lavorare su ordinazione, per un cliente che forse desidera delle scarpe verdi e gialle, dovremo impegnarci e trasformare in realtà la sua idea. Io posso dare dei consigli, magari sulla forma o sull’altezza del tacco, ma alla fine la decisione la prende il cliente.

 

 

Come nascono le sue scarpe?
Alcuni clienti vengono a guardare che cosa abbiamo sugli scaffali, altri in base ad un modello che abbiamo in esposizione ne creano uno simile. Ed ecco che nasce qualcosa di nuovo secondo i loro desideri. Altri invece arrivano con un’idea molto chiara e noi li aiutiamo a trasformarla in realtà. I modelli esposti sono stati creati da noi, alcuni sono ancora opera di mio padre, ma ora sono io che creo i modelli. Curo personalmente il contatto con il cliente, nella bottega poi sono presenti altri profili del mestiere che sono in genere tre: c’è il mastro che realizza la forma di carta, che poi viene ritagliata dal cuoio. Poi c’è la sarta, che cuce queste parti, come un abito, la parte superiore. Ma si tratta sempre di un semilavorato. Il mastro poi prepara la forma, anche secondo le misure esatte del cliente, su di cui viene tesa la parte superiore. Qui entra in gioco l’aiutante del calzolaio. Il tutto resta in tensione sulla forma per 24 ore, in modo che il cuoio si stabilizzi e si asciughi, e infine la scarpa viene rifinita con le solette o altro. Per fare una scarpa ci vuole una settimana circa.

 

 

Che cosa desiderano i vostri clienti, chi sono?
Sono persone che desiderano delle scarpe che si sposino con i loro piedi, che possono essere grossi, piccolini, larghi … Abbiamo realizzato scarpe di numeri davvero piccoli, ad esempio 34 e anche di meno. Non è semplice trovare delle decolletè di queste taglie. Oppure dei numeri molto grandi. Abbiamo realizzato delle scarpe da sera con numeri da 43, 44 e 45. Ci sono persone che vengono a ordinare le nostre scarpe perché non hanno tempo da perdere a girare per i negozi. Da noi trovano ciò di cui hanno bisogno, noi realizziamo le scarpe e le spediamo.

Qual è il numero delle scarpe più grandi che avete mai realizzato?
53. Mio padre invece ha realizzato un numero 54. Io allora ero ancora un apprendista. L’altro giorno è venuto un signore che aveva bisogno di scarpe per il calcio e portando il numero 51 non trovava delle scarpe adatte, tranne quelle per la pallacanestro.

 

 

Quali sono le regole per un buon paio di scarpe?
Spesso devo correggere i miei clienti che vogliono delle scarpe troppo larghe. La suola della scarpa non deve essere larga quanto il piede sul lato superiore, ma solamente quanto lo è la pianta. Sto parlando di una sensazione simile a quando state a letto e qualcuno vi rimbocca le coperte infilandole sotto di voi. Le scarpe devono essere sufficientemente larghe, ma non troppo. La scarpa giusta dovrebbe abbracciare bene la pianta del piede. Poi un tacco troppo basso non va bene, ma non dev’essere nemmeno troppo alto. Per un uso quotidiano l’altezza ideale è di 3-4 centimetri.

I tacchi più alti che avete realizzato?
Non esiste un tacco più alto di dodici centimetri. Ci sono ovviamente le scarpe con una suola più spessa, la zeppa, e sono di per sè più alti, ma la differenza massima tra la punta e il tallone è di dodici centimetri.

 

 

Avete mai ricevuto un ordine talmente strano da non poterlo eseguire?
No, forse c’è stato qualcosa che non si poteva a realizzare per motivi tecnici. Abbiamo fornito le scarpe ad un gruppo musicale di trans e collaborato a tante sfilate, perciò siamo abituati a tante cose. Ammetto che quando abbiamo ricevuto un ordine per un paio di stivali laccati con tacco alto da parte di un signore, non ho pensato nemmeno per un attimo che si trattasse di qualcosa di strano.

Osservate la gente in base alle scarpe che porta?
Guardo spesso le scarpe degli altri. Ovviamente guardo che cosa c’è in giro, se c’è qualcosa di interessante, o forse se stanno passando delle scarpe che provengono dalla nostra bottega (ride).

Testo: Tina Cipot

Foto: Klemen Brumec